Torino settecentesca
giovedì Cosa significa parlare di una città collocata nel passato e vista nell’arco di un secolo, affrontando tempi e spazi in trasformazione? Come si può catturare, se esiste, l’identità peculiare di un luogo, come Torino, per il quale nutriamo sentimenti che ci coinvolgono direttamente?A queste domande cercherò di rispondere cominciando da una veduta d’insieme, come se fossimo dall’alto di una torre e sotto di noi vedessimo la città scorrere rapidamente per i cent’anni del XVIII secolo.
Restringeremo quindi la prospettiva osservando le strade, le piazze, i lavori, le feste, la reggia, le devozioni religiose, fermando il tempo in alcuni anni decisivi: all’inizio del secolo, dopo l’assedio del 1706; negli anni dei grandi lavori voluti da Vittorio Amedeo II e progettati da Filippo Juvarra, per attrezzare Torino da capitale; e infine nella Torino di fine Settecento, quando arrivano le idee e le armi della rivoluzione francese.
Proveremo ad entrare in città con lo sguardo e il passo di uno straniero, che, arrivando dalla campagna, s’addentra nel cuore dello spazio urbano e visita chiese, ammira i palazzi e la reggia, si allontana dagli angoli pericolosi, è richiamato nei posti affollati e pieni di vita. Proveremo infine a considerare la Torino nel Settecento con le lenti di un osservatore sociale, per capire i suoi ceti dirigenti, mostrare i lavori e i commerci, passando tra le botteghe e gli opifici, i mercati, le osterie, le piazze bancarie.